
Ciò che da sempre dei nativi americani ha colpito nell’immaginario del vecchio mondo, è il senso di appartenenza che queste popolazioni avevano con l’ambiente che le circondava. Gli uomini e le donne del nuovo mondo erano così inseriti nel circuito di vita del loro ambiente, che li rendeva molto diversi dagli uomini e dalle donne del vecchio mondo che, all’opposto, si sentivano diverse dal resto delle creature, erano il centro del creato e si sentivano in diritto nell’usare le piante e gli animali per tutti i loro bisogni.
Questa diversità, questa distanza, è ciò che ha reso possibile un utilizzo delle risorse incosciente e brutale, sino a esaurirle e a mettere in pericolo la stessa nostra esistenza.
Il fascino della cultura amerindia, è sicuramente legata anche ad un senso di colpa profondo del mondo occidentale per l’arroganza e l’insensatezza della sua cultura e dello sterminio e dei danni che per secoli ha procurato.
Ma questa attrazione verso una cultura così ecologica, non è dovuta solo a questo; abbiamo ormai chiaro che la loro scelta sociale e culturale fosse, pur se molto diversa dal nostro modo di pensare, vincente, mentre la nostra, pur se è stata capace di prevalere sulla loro, alla lunga si è dimostrata perdente.
La nostra cultura ha perso su molti fronti: a livello generale per il disastro ecologico che ha permesso, a livello sociale per la mancanza di valori capaci di sostenere e alimentare una comunità rispettosa e inclusiva, a livello della persona, che si percepisce sempre più lontana da se stessa in una frattura tra bisogni concreti e bisogni profondi.
La tecnologia del vecchio mondo ha sconfitto la tecnologia interiore delle culture meno evolute tecnologicamente, ma alla lunga, abbiamo capito che queste ultime si sono dimostrare più capaci di dare un senso di pace interiore che tuttora è sconosciuto alla maggior parte di noi.
Cos’è questa tecnologia interiore?
Molte società preindustriali delle Americhe, delle Indie, dell’Asia, dell’Africa, forse anche perché non hanno avuto la capacità di sviluppare una tecnologia che le facilitasse nelle loro esigenze, o perché forse non hanno mai sentito l’esigenza di sviluppare una tecnologia su cui appoggiarsi per i loro bisogni più basilari, si sono concentrate su un altro tipo di tecnologia, quella che deriva dalle nostre capacità e risorse interiori, sulle capacità che l’uomo può sviluppare dentro di sé per risolvere i suoi problemi esistenziali, sociali e spirituali.
Alcune società, sono andate molto avanti sulla conoscenza di sé stessi, altre, come quelle americane del nord, hanno sviluppato una simbiosi con il loro ambiente che le ha permesso di vivere la ciclicità della natura come base del senso profondo della loro esistenza.
Le culture animistiche delle tribù americane, si sono integrate perfettamente con i cicli della natura, con gli animali con i quali hanno convissuto, con le piante che li hanno protetti e sfamati; hanno accettato di essere parte del cerchio della vita, accettando la vita e la morte come parte naturale del loro percorso, non come accidente a cui sottomettersi.
La cultura non torna indietro e noi non stiamo vagheggiando il ritorno a una vita che non ci è più possibile e che non possiamo più accettare come nostro destino.
Noi siamo andati molto avanti ma, come dare un’arma sofisticata ad un bambino può essere mortale, così noi stessi siamo ancora dei bambini che manipolano e utilizzano una tecnologia industriale molto potente nell’inconsapevolezza delle conseguenze che produciamo.
Noi non possiamo più fare a meno di avere oggetti che facilitano la nostra vita o che ci creano bisogni nuovi a cui poi adattarci; cellulari, televisione, computer, sono tutti oggetti che si sono presentati nella nostra quotidianità e ne sono diventati parte integrante ed a volte insostituibile; sono tutti oggetti meravigliosi che amplificano le nostre capacità di conoscere, tenersi in contatto, creare, e contemporaneamente, impediscono e rendono inutili tutte le esperienze che alimentavano il nostro stare con noi stessi, che ampliavano la nostra capacità di sentire, intuire, vivere le nostre esperienze.
Siamo all’interno di un cambiamento radicale del rapporto tra noi e la terra in cui viviamo. Il nostro corpo si è abituato nei millenni ad adattarsi agli ambienti ostili con cui doveva convivere, e si è sempre modificato per ritrovare l’equilibrio necessario; oggi, il nostro corpo sta ancora tentando di adeguarsi a questo cambiamento, ma i tempi della società, che non si calcolano in anni, ma in giorni, sono troppo accelerati per un corpo che ha bisogno di millenni per creare un nuovo equilibrio.
Ciò che non può fare il corpo, può renderlo più equilibrato la mente tramite le strategie della nostra tecnologia interiore: empatia, intuito, sogni, valori, costruzione di un senso della nostra vita che ci dia la serenità e la potenza emotiva necessaria per governare una società che ci ammalia con i suoi oggetti.
Abbiamo bisogno di ritrovare un senso più ecologico del nostro vivere. Dobbiamo lavorare per ritrovare un rapporto più ecologico con noi stessi, un rapporto più ecologico nelle relazioni, un rapporto più ecologico con il mondo che ci circonda.
Questa noi crediamo sia la strada per essere parte di un mondo che ci appartiene e per essere padroni di una tecnologia che torni ad essere dalla nostra parte, che ci aiuti a far crescere la nostra tecnologia interiore e non si sostituisca ad essa.